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Semiotropie. Eredità di Barthes
A cura di Giuseppe Crivella




L’Utopia*
di Roland Barthes

(Traduzione di Giuseppe Crivella)

16 febbraio 2016




L’Utopia è il campo del desiderio, di fronte al Politico che è il campo del bisogno. Da qui i rapporti paradossali di questi due discorsi: essi si completano ma non si intendono: il Bisogno rimprovera al Desiderio la sua irresponsabilità, la sua futilità; il Desiderio rimprovera al Bisogno le sue censure, il suo potere riduttivo; a volte vi sono degli attraversamenti delle Frontiere: il Desiderio perviene ad esplodere nel Politico: è il maggio 1968, momento storico raro: quello di una utopia immediata: la Sorbonne occupata e vissuta per un mese in uno stato di utopia (in effetti essa non era «in alcun luogo»).

Il Desiderio deve essere senza sosta ricondotto nel Politico. Ciò significa non soltanto che le utopie sono giustificate, ma anche che esse sono necessarie; è inoltre indice della piattezza dei nostri tempi la nostra impotenza attuale a scrivere utopie; si direbbe che siamo trattenuti dall’immaginare: il grande super-io politico ci fa la lezione. A dire il vero non sono le grandi linee di una società futura che noi temiamo di tratteggiare: ciò è reperibile e nel Politico stesso; sono i dettagli di questa società ed è proprio in questo che noi manchiamo l’utopia e il desiderio; poiché l’Utopia — e questa è la sua specificità — è minuziosa, immagine orari, luoghi, pratiche; è romanzesca, come il fantasma, di cui essa è in sostanza forma politica.

L’Utopia è sempre ambivalente: essa rovina il tempo presente, si appoggia senza sosta su ciò che non va nel mondo e nello stesso tempo, nello stesso modo inventa immagini di bontà: le inventa nei loro colori, nella loro precisione, nel loro franto sfavillio, nella loro stessa assurdità; essa possiede il coraggio più raro: quello della gioia. È questo coraggio che hanno avuto i due più grandi utopisti che io conosca: Sade e Fourier. Di certo, come sistema effettivo, nessuna utopia possiede la minor possibilità di applicazione: il falansterio fourierista e il castello sadiano sono letteralmente impossibili; ma sono gli elementi, le inflessioni, gli sviamenti, i nascondigli del sistema utopico che ritornano nel nostro mondo come i lampi del desiderio, come dei possibili esaltanti; se noi riuscissimo ad afferrarli meglio essi impedirebbero al Politico di rapprendersi in sistema totalitario, burocratico, moralistico.


* Cfr. IV, p. 531-332.




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